
Siamo poco abituati a rapportarci con #cosescomode”. Spesso ci si nasconde dietro a falsi moralismi, a tutela della #privacy o del dolore altrui. O si resta nel mondo del “non lo sapevo, ma in tivù hanno detto che”. Qualche esempio? La “teoria gender”, l’utilizzo della droga tra i giovani, la politica, il Cocoricò e mille altre cose ancora. In questi ore, come molti di voi immagino, ho pensato molto ad #Aylan, il piccolo profugo siriano annegato sulla spiaggia di Bodrum, località turistica turca sino a oggi conosciuta per la sua bellezza…
Aylan è riverso a terra, #morto. Ha addosso maglietta, bermuda e scarpe, ben allacciate. Come molti bambini del mondo.
Ma lui il mondo non lo vedrà mai più.
La sua foto, la foto del suo cadavere in realtà, in poche ore ha fatto il giro del web, come uno dei migliori prodotti di marketing mai pensati: è stata condivisa su facebook migliaia di volte, il suo hashtag ha più di 35.000 tweet. Anche i media decidono di prendere una posizione e la eleggono #immagine #simbolo dell’immane e apparentemente irrisolvibile tragedia dei #migranti.
Ma per quanto ne parleremo prima che l’attenzione si porti altrove senza che si sia fatto nulla?
Ormai è tutto #business da consumare, anche queste mie parole. Purtroppo. Sembra sia tutto #inutile.
Parole, parole, parole…
Voglio fare qualcosa, attivarmi, reagire, stimolare un pensiero costruttivo. Ed è proprio lì che trovo uno spunto straordinario.
Extra ordinario, fuori da ciò a cui siamo abituati: la storia di #Reshma.
Mi ha colpito molto la sua storia, ma forse mi ha colpito molto di più la decisione di #condividere la sua storia.
Non sai chi sia Reshma, vero?
Niente di grave, è solo una qualunque diciottenne di Mumbai, capitale dello stato del #Maharashtra in India.
Insomma una donna indiana. E come almeno mille donne indiane è stata vittima di una cosa che sembra inaudita e impensabile nel 2015: il maggio scorso, suo cognato e i suoi parenti le hanno gettato sul viso dell’acido solforico concentrato perché, a loro avviso, stava facendo qualcosa di disdicevole…
Impensabile? Forse no, se i dati ci dicono che ci sono circa mille aggressioni con gli acidi ogni anno, dato che dal 2012 a oggi si è quasi triplicato.
Forse questo fa meno colpo di Aylan o interessa meno o fa vendere meno copie o ottenere minori ascolti: chi lo sa?
Qualche mese dopo, essendo ancora viva a differenza del bimbo curdo, la diciottenne indiana decide di reagire a questo silenzio mediatico e io, oggi, decido di dare spazio a questa sua reazione, condividendola con te.
Tu dedicale più del minuto e quattro secondi del video che ho postato: merita di meglio.
È un meraviglioso video tutorial alla ClioMakeUp in cui si parla di rossetto, fondotinta, eyeliner e, con una destabilizzante nonchalance, dell’incredibile facilità con cui si può acquistare l’acido solforico in India.
Ne parla truccando quel che resta del viso di una ragazza che resterà per sempre segnata da un gesto estremo: ha perso completamente l’occhio sinistro, una grave infezione si è estesa anche a quello destro, costringendola a numerosi interventi chirurgici. L’estetica conta poco, a questo punto.
La scelta è forte, molto forte.
“Tu devi guardarmi: mi hanno ridotta così e tu non hai fatto nulla”. Immagini pregne di #paradossi sociali, provocatorie e decise come stilettate che ti costringono a mantenere lo sguardo fisso sull’atrocità subita.
Reshma ci invita a firmare la #petizione EndAcidSale per far sì che vengano ritirati gli acidi dal mercato. Anche Make Love Not Scars, organizzazione non governativa indiana (http://makelovenotscars.org), sostiene la campagna promossa da Reshma e si è mossa inviando una lettera al Primo ministro indiano e al ministero dell’Interno per fermare questo massacro.
Chissà quante altre migliaia di #donne verrano aggredite dalla #barbarie di uomini che di umano hanno ben poco…
Io firmo.